L’acquisto di immobili siti all’estero funziona, ma attenzione alla normativa del Paese prescelto
L’acquisto di immobili siti all’estero da parte di cittadini italiani costituisce nel panorama attuale una forma di investimento in crescente aumento. La regolamentazione giuridica di tale operazione presenta caratteri peculiari rispetto alla normativa in materia di compravendita di beni immobili all’interno dei confini nazionali e se ne differenzia per l’esigenza di rispettare specifiche cautele e requisiti individuati dalle norme di diritto internazionale e comunitario e di diritto internazionale privato. Ciò premesso, si rende necessario preliminarmente osservare che la disciplina in materia di acquisto di beni immobili all’estero da parte di cittadini italiani varia a seconda dello Stato ove il bene sia ubicato. Infatti, è indispensabile verificare se il Paese ove è situato l’immobile legittimi il trasferimento della relativa proprietà a stranieri, ovvero se abbia stipulato trattati o convenzioni internazionali con l’Italia, aventi ad oggetto la regolamentazione del trasferimento della proprietà immobiliare.
Accanto alla normativa internazionale di natura pattizia, assume quindi indubbia rilevanza anche la disciplina dettata all’interno dello Stato di destinazione. Costituisce, pertanto, onere delle parti e dei mediatori immobiliari acquisire tali informazioni, per stipulare un negozio conforme all’ordinamento giuridico di riferimento, nonché al fine di valutare i costi e le spese notarili e di registrazione dell’atto di acquisto.
Per quanto attiene al trasferimento del denaro necessario a perfezionare la compravendita, la disciplina comunitaria attribuisce ai cittadini e alle società italiane il diritto di esportare negli altri stati membri i propri capitali, indipendentemente dalla causa sottostante all’operazione. I trattati tra l’Unione Europea e gli stati esteri non facenti parte della Comunità sanciscono il diritto di esportare capitali anche al di fuori dei confini dell’Unione, salvo che siano presenti particolari divieti imposti da decisioni o da altri atti equivalenti che vietino movimenti di capitali verso determinati Paesi.
Il legislatore italiano è intervenuto sulla materia con il D.Lgs 195/2008 – in forza del quale è stata data attuazione al Regolamento CE n. 1889/2005 – il cui art. 3 stabilisce espressamente che i trasferimenti di denaro da e verso i Paesi dell’Unione Europea di importo superiore ad Euro 10.000,00 necessitino di apposita dichiarazione da rilasciarsi in alternativa all’Agenzia delle Dogane, ad istituti bancari, ad Uffici Postali o alla Guardia di Finanza. Con riferimento al trasferimento di capitali nei confronti di Paesi non facenti parte dell’Unione Europea, la relativa disciplina è contenuta all’interno di Trattati internazionali all’uopo sottoscritti.
Per quanto riguarda il riconoscimento degli effetti prodotti dalle compravendite immobiliari perfezionatesi all’estero nella forma di atto pubblico, la legge 218/1995 prevede espressamente che i suddetti atti possano produrre i propri effetti in Italia e sostituire l’omologo atto italiano a condizione che presentino requisiti formali minimi che permettano di equipararli all’equivalente atto pubblico italiano, tenuto conto della funzione che quest’ultimo è chiamato a svolgere e dei valori che protegge, che non producano in Italia maggiori effetti di quelli di cui sono dotati nell’ordinamento di origine e che non siano contrari all’ordine pubblico italiano.
Relativamente alla disciplina prevista in materia di acquisto di beni immobili siti in Italia da parte di cittadini stranieri, occorre operare una distinzione a seconda che gli acquirenti siano o meno regolarmente soggiornanti in Italia e appartenenti o meno ad un Paese dell’Unione Europea.
Gli stranieri non regolarmente soggiornanti in Italia hanno diritto di acquistare immobili nel territorio nazionale esclusivamente qualora ciò sia espressamente previsto da un trattato internazionale, ovvero se nel Paese di origine sia consentito ad un cittadino italiano di acquistare un immobile. Trattasi del cosiddetto principio di reciprocità, in forza del quale uno straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino italiano nella misura in cui i cittadini italiani possano compiere nello Stato estero i medesimi atti.
Gli stranieri regolarmente soggiornanti, i loro familiari e gli apolidi residenti in Italia da meno di tre anni hanno diritto di acquistare immobili solo se muniti di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l’esercizio di un’impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari, per motivi di studio o di un permesso di soggiorno CE. I cittadini comunitari e i cittadini dei Paesi SEE (Islanda, Liechtenstein e Norvegia) e gli apolidi residenti in Italia da più di tre anni non necessitano di requisiti particolari per procedere all’acquisto.
In conclusione, stante l’influenza che la globalizzazione esercita in molteplici settori della vita e del mercato, è indubbio che le compravendite immobiliari che presentano caratteri di transnazionalità costituiscono realtà ormai diffuse nel panorama globale tali da richiedere competenze in costante aggiornamento da parte degli operatori del settore immobiliare.
Studio Legale Luigi Parenti