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Il venerabile Francesco Antonio Marcucci

(27 novembre 1717 – 12 luglio 1798)

 

a cura di don Cristoforo Simula
con la collaborazione di
Marco Candido
Alessandro Di Marco
Matteo La Macchia

 

Francesco Antonio Marcucci, vide i suoi natali in una nobile e religiosa famiglia ascolana a Force (AP) il 27 novembre 1717.

Il Marcucci crebbe in un ambiente famigliare sano, legato a profondi sentimenti religiosi e morali, circondato dall’affetto di tutti i familiari.

Unico erede del casato, venne avviato all’avvocatura, uomo di grande cultura, e ingegno diventò una delle personalità più rappresentative dell’Italia e della Chiesa del XVIII secolo.

La prematura scomparsa della madre lo predispone ad assumere un atteggiamento di grande rispetto e comprensione verso il mondo femminile, con tutte le sue incombenze e problematiche.   La sua profonda devozione alla Vergine Maria lo alimento per un profondo rispetto nei confronti della figura femminile, vivendo sempre una vita lontana da vizi e tutta dedita al servizio dei più deboli e poveri.

Francesco Antonio, ricevette l’ordinazione sacerdotale il 25 febbraio 1741 e si dedicò intensamente alla predicazione in mezzo al popolo, impegnandosi a considerare le problematiche e le relative complicazioni e soluzioni che la vita di allora portava in sé negli aspetti sia pubblici che privati in tutti i giorni.   Seppe affrontare con intelligenza, coraggio e astuzia i momenti di crisi in un periodo in cui sia la Chiesa che la politica si ponevano con un atteggiamento di autoritarismo nei confronti delle fasce più deboli.

La vita di questo sacerdote sarà una combinazione di episodi, privati, religiosi, politici, che lo faranno diventare un uomo dei nostri giorni, dato che la storia costituisce una ripetizione ciclica di eventi con una strana analogia tra loro.

 

 

La sua predicazione si espresse particolarmente nelle missioni al popolo, nei quaresimali e negli esercizi spirituali in varie località dell’ascolano, nelle Marche e nell’Abruzzo.

Tale zelo fu tanto straordinario, che lo stesso Papa Benedetto XIV lo onorò nel 1742 con il titolo di missionario apostolico.

Nel 1740 pubblicò, tra tanti scritti, “La vita comune”, ispirata al grande santo di Ginevra, e “Introduzione alla predicazione evangelica”, opera diretta ai sacerdoti per un apostolato concreto.

Il periodo storico della guerra di successione austriaca vide i territori dove operava Marcucci, vittime di saccheggi che si svolgevano lungo le coste adriatiche, e l’Abruzzo da poco reduce da una epidemia di peste.

Il Marcucci, che sin da giovane fu ispirato dall’opera evangelizzatrice di San Leonardo da Porto Maurizio, si rivolse prevalentemente alle masse popolari, offrendo loro la luce dell’annuncio evangelico.    Divenuto vescovo il 15 agosto 1770, in seguito nel 1774 venne chiamato a Roma e nominato da Papa Clemente XIV Vicegerente.  Affrontò delicate missioni diplomatiche, destreggiandosi senza mai perdere il controllo della situazione.

Nel 1782 Accompagnerà il Papa Pio VI a Vienna per trattare con l’Imperatore Giuseppe II.

Quando nel 1797 i francesi invasero lo Stato Pontificio senza alcun rispetto delle cose sacre, il Marcucci divenne un punto di riferimento per alcuni vescovi costretti all’esilio.

Il 1700 fu un secolo intriso di scandali e crisi che hanno visto la Chiesa e la Politica impegnati in compromessi non sempre accettabili, strategie diplomatiche risolutive adottate in un periodo così complesso che non sempre corrispondevano alle esigenze del Vangelo, situazioni analoghe che ci riportano talvolta alle circostanze contemporanee.

Marcucci sentì il grande desiderio di promuovere con la sua azione lo sviluppo delle classi più povere e disagiate in maniera del tutto innovativa e particolarissima. Si impegno per la causa delle ragazze prive d’istruzione, dando avvio alla sua opera di educatore, e a tale scopo l’8 dicembre 1744 fondò la Congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata, con la missione specifica di promuovere, attraverso l’istruzione e l’educazione, la dignità della donna.

Il 6 marzo 1745, aprì la prima scuola femminile della città di Ascoli, con due sezioni: una per le nobili e una per le popolane, gratuita per entrambi i gruppi e successivamente fondò l’Accademia dell’Immacolata Concezione.

La considerazione che il Marcucci ebbe verso il rispetto della dignità della donna fu pari a quella rivolta verso i soprusi perpetuati dai potenti che, approfittando delle fasce più deboli, imponevano proprie regole, condizionando così la vita e il pensiero popolare, provocando abitudini viziate da preconcetti che serviranno, in fin dei conti, a tenere sotto controllo la società di allora

Queste sono alcune e veloci indicazioni della vita, dell’opera, dell’impegno missionario di un sacerdote e poi vescovo che pur essendo vissuto in altri tempi, ci riporta oggi all’attenzione rivolta verso la tutela della donna, alla denuncia coraggiosa dello sfruttamento delle donne a cui oggi assistiamo, e all’apertura della Chiesa di fronte alle prese di posizione dei movimenti femministi.

Un uomo illuminato dalla forza della fede, dell’impegno missionario incoraggiato dallo spirito di servizio amorevole nei confronti dei più bisognosi e più deboli; un uomo che ci lascia un grande esempio di come spendere, per il bene degli altri, ogni risorsa umana e ogni talento ricevuto da Dio.   Un uomo di Dio che ha saputo mettere la propria intelligenza e il proprio zelo al servizio del Vangelo, per la promozione e il rispetto della dignità

Morì ad Ascoli Piceno il 12 luglio 1798della persona umana.                                                                 Dal 5 maggio 1963 al 26 novembre 1968 è stato istruttore presso la Curia Vescovile di Ascoli Piceno il Processo Diocesano per la sua Causa di Beatificazione e Canonizzazione.  IL 12 gennaio 2010, dalla Congregazione per le Cause dei Santi è stato riconosciuto che il Servo di Dio mons. Francesco Antonio Marcucci dell’Immacolata Concezione ha esercitato in grado eroico le virtù teologali e cardinali, con il Decreto di venerabilità del 27 marzo 2010 di papa Benedetto XVI.

Morì ad Ascoli Piceno il 12 luglio 1798

Ascoli Piceno

Ad Ascoli la famiglia Marcucci abitò fin dalla fine del ‘500 in una nobile residenza tra via Vipera, Corso Mazzini e l’attuale Corso Trieste. Qui visse il giovane Marcucci insieme ai suoi genitori Giovanna Battista Gigli e Leopoldo Marcucci, agli zii Francesca Gastaldi e Domenico Antonio Marcucci ed alla nonna Dioclezia Soderini.

Con i suoi quasi 60.000 abitanti Ascoli Piceno è oggi la terza città delle Marche, dopo Ancona e Pesaro, che testimonia con il suo integro centro medioevale, un passato fatto di nobiltà e cura degli edifici e delle opere d’arte diventando una delle maggiori mete turistiche della regione.

Il materiale principale per la costruzione di case, palazzi, edifici pubblici, chiese, pavimentazioni di Ascoli, è sempre stato la pietra locale del “travertino”

Le origini della città sono sconosciute, ma sembra che l’ascolano fosse popolato già nell’epoca neo-eneolitica da popolazioni italiche, soprattutto sabine.

La via consolare che collegava Roma all’Adriatico passando per Ascoli fu chiamata Salaria perché raggiungeva le saline, che garantivano alla capitale l’approvvigionamento dell’allora prezioso minerale.

La cattedrale di Ascoli è dedicata al suo protettore S. Emidio, Le invasioni barbariche e la guerra greco-gotica non portarono all’estinzione dell’antico centro romano. La famosa Cattedrale, sorta su un edificio paleocristiano, fu trasformata nel Cinquecento con la costruzione delle due navate laterali, dal grande architetto e pittore, allievo del Bramante, Cola dell’Amatrice

Piazza del Popolo è la nota piazza in stile rinascimentale della città di Ascoli Piceno. È uno dei principali edifici storici che, con la sua medioevale torre merlata, occupa la parte centrale del lato occidentale, deve la sua denominazione al Palazzo dei Capitani del Popolo.

Nota la chiesa di S. Francesco, la cui edificazione iniziò nel 1258 e terminò con la costruzione della cupola nel 1549 e della facciata nel primo Seicento, è un notevole esempio di architettura gotica, ospita il monumento a papa Giulio eretto nel 1506.

Oltre a Piazza del Popolo, un altro centro della vita ascolana continua ancora oggi ad essere popolata, piazza Arringo (o dell’Arengo), così chiamata per le assemblee popolari che vi si tenevano. L’imponente palazzo dell’Arengo, oggi sede della Pinacoteca Civica e del Comune.

Nel Settecento furono effettuate diverse ristrutturazioni di importanti edifici cittadini: nel 1745 quella del palazzo dell’Arengo, ad opera dell’architetto Giuseppe Giosafatti e dal figlio Lazzaro, che realizzarono una nuova facciata più avanzata rispetto alla precedente. Nel Duomo venne ristrutturata la parte centrale della cripta e vi fu collocato il gruppo marmoreo, pure di Lazzaro Giosafatti, di S. Emidio che battezza Polisia. Infine in questo secolo fu anche completamente ristrutturato il nucleo principale del palazzo del palazzo dell’Episcopio.

Nel febbraio 1798 il Consiglio generale di Ascoli deliberò di democratizzare il governo cittadino, associando al potere (oltre i nobili) anche i dotti, i mercanti e contadini.

Con l’Unità d’Italia Ascoli Piceno divenne il capoluogo di una vasta provincia che comprendeva anche il territorio dell’eterna rivale Fermo.

Durante la Seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre 1943, Ascoli e le sue vicinanze (in particolare il Colle S. Marco) furono teatro di numerosi episodi di resistenza all’occupazione nazi-fascista che le sarebbero valsi nel 2001 l’attribuzione della Medaglia d’oro al valor militare per la guerra di Liberazione.

È da sottolineare l’importanza della Facoltà di Architettura e di Scienze e Tecnologie, con vari corsi di laurea, che l’Università di Camerino ha istituito. Inoltre l’Istituto Superiore di Studi Medievali “Cecco d’Ascoli” promuove il patrimonio storico-artistico del Piceno anche con il prestigioso Premio Ascoli.

Ascoli è oggi nota e apprezzata in Italia e nel mondo per lo straordinario patrimonio di storia, arte e cultura racchiuso nel suo centro storico e nei suoi musei.

( nel sito dedicato a monsignor F.A. Marcucci, l’itinerario Marcucciano  http://www.monsignormarcucci.com/itinerari-marcucciani#tab-id-1)

 

FORCE

Dove nacque Francesco Antonio Marcucci, il 27 novembre 1717, paese dell’entroterra ascolano a quasi 700 m. Fu battezzato il giorno stesso della sua nascita nella chiesa dedicata a S. Paolo Apostolo. In località S. Giovanni, così denominata per la chiesetta omonima, esiste tuttora l’abitazione dove nacque il Servo di Dio, indicata dagli abitanti della zona come “il palazzo”.

Force è un comune collinare sorto in epoca alto-medievale. Tra le antiche dimore sono degni di nota anche il palazzo municipale e la chiesa di San Francesco, restaurata nell’Ottocento dall’architetto Sacconi.
È noto il locale artigianato artistico del rame a cui è stato dedicato il Museo del Rame.
Lo storico Palazzo Canestrari è sede del Museo di Arte Sacra di Force, dove sono custoditi pregevoli manufatti artistici provenienti dalle chiese del luogo, in particolare opere di De Magistris.
La Chiesa di San Paolo Apostolo custodisce un crocifisso considerato miracoloso. Ad esso è dedicata in agosto la festa del Crocifisso, alla quale si è aggiunta nel tempo la sagra delle “Penne al tartufo e dei funghi porcini”.

Per informazioni turistiche scrivere segreteria@comune.force.ap.it o contattare il numero 0736.373132.

 

 

MONTEDINOVE

Il 10 giugno 1725 solennità di Pentecoste, Marcucci, insieme ad altre 120 persone, ricevette nella chiesa di S. Lorenzo il Sacramento della Cresima, amministrato dal vescovo di Montalto mons. Lucantonio Accoramboni; gli fece da padrino lo zio Domenico Antonio. La chiesa fu poi interamente ricostruita negli anni 1786-1797 su progetto dell’architetto Pietro Maggi.

Montedinove sorge tra le valli dell’Aso e del Tesino, sul colle più alto della zona, a soli 3 Km da Montalto. Scavi archeologici anche recenti hanno portato alla luce nei suoi dintorni tombe picene con corredi funerari.   Secondo alcuni studiosi a Montedinove potrebbe trovarsi il sito della misteriosa Novana, città romana che Plinio il Vecchio colloca nel Piceno interno e di cui non è stata ancora trovata l’ubicazione.

Per informazioni turistiche scrivere comune.montedinove@gmail.com o contattare il numero 0736 829410.

MONTALTO

a Montalto Marcucci predicò varie volte è da questo Luogo che il venerabile il 20 aprile 1771 Marcucci scrive ad una suora Pia Operaia: “Qualora apro la mia finestra, veggo San Marco vostro, che mi sta a sinistra, e là alzo la mano, e benedico le mie figlie, che gli abitano sotto. State allegra”. L’ex Palazzo Apostolico, fatto costruire da Sisto V nel 1587 di fronte alla nuova cattedrale ad uso del Seminario, oggi ospita il Museo Diocesano dove sono esposti il ritratto di Marcucci in abiti vescovili e una sua pianeta in seta bianca, ricamata a colori con motivi floreali.

Il territorio era frequentato già nella preistoria: nel Museo Civico sono raccolti numerosi reperti del neolitico (6.000 a.c.) e della cultura appenninica (2.500 a.c.), picena (VII sec. a.c.), romana e successive. Nel sec. XIV le comunità locali si organizzano nei liberi comuni di Montalto, Patrignone, Porchia.

Centro medievale ben conservato di prestigiosa tradizione culturale: Patria di Antonio Bonfini umanista di fama internazionale, primo storico della nazione ungherese. Di particolare pregio la Chiesa romanica di Santa Maria in Viminato contenente affreschi dei sec. XIV, XV, XVI. PORCHIA- Frammenti del passato medievale si colgono in tutta la struttura del paese. Si possono ammirare una pregevole tavola del Pagani e una stupenda Natività del XV secolo affrescata nella Cripta della Chiesa di Santa Lucia. VALDASO – L’alternarsi geometrico dei frutteti con i campi coltivati ad orto, dà al paesaggio il carattere di un’umanizzazione totale. Il torrione dell’antico mulino di Sisto V spunta imponente tra i coltivi.

Per informazioni turistiche scrivere comune@comune.montaltodellemarche.ap.it o contattare il numero 0736-828015.

 

 

BENEDETTO DEL TRONTO

Il 2 gennaio 1994 nella nuova cattedrale della Marina a S. Benedetto è stato inaugurato il ciclo pittorico dell’abside realizzato da padre Ugolino da Belluno e commissionato dal vescovo mons. Giuseppe Chiaretti il quale, tra le raffigurazioni dei santi della Diocesi, ha voluto quella del suo predecessore, il Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci.

San Benedetto del Tronto è uno dei maggiori centri rivieraschi dell’Adriatico con oltre 48.000 abitanti, ed è località balneare rinomata e molto frequentata, oltre ad essere centro industriale e commerciale.

San Benedetto del Tronto, con decreto del Presidente della Repubblica del 25 ottobre 2000, è stata elevata a Città oltre che per la sua crescita in tutti i settori, in virtù soprattutto dei servizi pubblici offerti nel campo sociale. Dal 1986 è anche sede vescovile preposta alla Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto Marche.

San Benedetto rappresenta la prima realtà turistica delle Marche, con oltre 2 milioni di presenze all’anno. La vicinanza di San Benedetto del Tronto a verdeggianti colline con importanti borghi di origine medievale permette interessanti escursioni per gli appassionati d’arte e di storia nel raggio di pochi chilometri.

Per informazioni turistiche scrivere turismo@comunesbt.it o contattare il numero 0735.794587 – 229

 

APPIGNANO DEL TRONTO

Dal 27 gennaio al 2 febbraio 1738 Marcucci predicò ad Appignano la prima missione al popolo, assistito dal parroco del paese, don Michele Ferri, con il quale aveva stretto una fraterna amicizia. La predicazione riuscì molto bene e gli offrì l’opportunità di conoscere due giovani particolarmente devote, Caterina Silvestri ed Elisabetta Peroni, che aderirono al progetto della nuova fondazione. L’8 dicembre dello stesso anno, Marcucci scrisse Il Carnevale santificato per proporre un’alternativa spirituale ai pericoli di quella festa. Ad Appignano c’è la tenuta che mons. Marcucci ereditò da suo padre e che donò alle suore perché potessero trascorrervi alcuni periodi di studio e di riposo. Nel 1776 con il permesso del papa Pio VI vi fece costruire una chiesetta dedicata ai santi Gioacchino ed Anna dove si ritirava a volte in preghiera.

Immerso in una distesa di verdi ulivi e segnato da scenografici , ossuti, riarsi calanchi (badlands), in una compatta lingua di sabbie e conglomerati di disfacimento alla base di Monte dell’Ascensione e di Colle Celestrino del Quaternario inferiore, delimitato dal torrente Chifenti e dal fosso San Giovanni sorge il medievale borgo di Appignano cui, per decreto regio del 13 marzo 1879, fu aggiunta la denominazione ” del Tronto”.
Tanti e densi i secoli di storia: diverse le testimonianze di insediamenti romani nella contrade di Valle San Martino, Valle Chifenti e Monte Calvo, un tempo significativamente chiamato “Villa Magna”,parallela al Vallone.

Un tempo numerosi edifici sacri caratterizzavano l’abitato ( San Francesco, san Sebastiano e Rocco, Madonna di Loreto, San Pietro , restano san Giovanni Battista e san Michele Arcangelo).
La posizione geografica tra i vicini monti ed il vicino mare, il suggestivo manto  vegetale degli ulivi rendono Appignano luogo desiderato di soggiorno a chi cerca quiete e riposo.
Appignano del Tronto è terra di elevate genialità:

Per informazioni turistiche scrivere  info@comune.appignanodeltronto.ap.it o contattare il numero 0736.817701    +39 0736.817731

 

MONTESANTO

L’abbazia benedettina di S. Maria di Monte Santo fu fondata intorno al Mille. Cessata la conventualità benedettina, papa Sisto V, il 15 maggio 1588, l’assegnò a mons. P. Emilio Giovannini, primo vescovo della Diocesi di Montalto. Ai tempi di mons. Marcucci Montesanto era parrocchia e apparteneva al Regno di Napoli che tentava continuamente di riappropriarsi del territorio. Mons. Marcucci cercò di difenderlo usando le sue capacità diplomatiche, visitò più volte queste zone, amministrò il sacramento della Cresima e predicò la Parola del Signore, ma a sua insaputa, con sentenza dell’8 agosto 1797, la Badia di Montesanto passò con tutte le sue dipendenze alla Real Corona di Napoli.

Ci troviamo a Potenza Picena, nell’Età Comunale si chiamava Monte Santo ma successivamente all’Unità d’Italia (dal 1862 per la precisione), per differenziarla da altre Città omonime, si aggiunse al nome Potenza, recuperato da quello della limitrofa antica Città romana di Potentia, l’aggettivo Picena per riallacciarsi idealmente al locale popolo protostorico dei Piceni.

Posta su di una collina a 237 metri sul livello del mare ad una manciata di chilometri dalla spiaggia del Mare Adriatico, Il Comune, ricco anche della presenza dei due caratteristici borghi rurali di San Girio e Montecanepino, conta più di 15.000 abitanti. La più antica notizia riguardante la zona in questione è del 947 dopo Cristo, quando si cita la Pieve di Santo Stefano (sul sito dell’odierna Piazza Giacomo Matteotti, la Piazza principale della Città), demolita nel 1796 proprio per allargare la Piazza.

Nel centro storico sono molti gli edifici degni di nota, come la Collegiata di Santo Stefano, già Chiesa della Compagnia di Gesù dedicata al suo fondatore Sant’Ignazio di Loyola: edificata dal 1585 in poi dall’architetto Padre Giovanni De Rosis è rimasta con la facciata incompiuta (all’interno conserva molte pregevoli tele ed arredi sacri).

 

MACERATA

Il 26 aprile 1739 il giovane Marcucci insieme a don Giulio De Brandis accompagnò a piedi S. Leonardo da Porto Maurizio da Ascoli fino a Macerata, dove avrebbe predicato un’altra missione. La prima notte i due ascolani dormirono nel Palazzo Vescovile, ospiti di mons. Ignazio Stelluti, già governatore di Ascoli, che suo padre Leopoldo aveva informato per lettera dell’arrivo del figlio. Nei rimanenti nove giorni della missione Marcucci pernottò presso il convento dei Padri Cappuccini della città.

Gli storici maceratesi del passato amarono credere che Macerata fosse “figlia” della città romana di Helvia Ricina, sorta in pianura, sulle sponde del fiume Potenza.   Viceversa Macerata sorse nel Medioevo, infatti nei secoli XI e XII cominciarono a insediarsi nel territorio maceratese aggregazioni abitative, definite nei documenti come terre, castra, podia, montes. I primi nuclei abitativi della futura città si insediarono nel Podium Sancti Juliani (oggi area del Duomo) e nel Castrum Maceratae (nell’area delle attuali poste centrali). Gli abitanti di quest’ultimo per tentare di limitare la potenza del vescovo-Signore di Fermo, entro la cui giurisdizione cadeva il territorio di Macerata, si allearono con gli abitanti del Podium.

Nel 1798 Macerata fu aggregata alla Repubblica romana e fu designata come capoluogo del Dipartimento del Musone. Ma la simpatia iniziale mutò a seguito dei soprusi, della soppressione degli ordini religiosi e del forte prelievo fiscale, così un forte sentimento di reazione si sviluppò nella popolazione e sfociò nei moti antifrancesi. Le truppe napoleoniche, nel giugno 1799, dovettero lasciare Macerata, ma ritornarono in città con molti rinforzi e dopo aver cannoneggiato la città per più giorni, il 5 luglio aprirono una breccia ed entrarono abbandonandosi al saccheggio, alla profanazione della chiesa di S. Maria della Misericordia, all’incendio delle case e all’uccisione di oltre 360 persone.

Per informazioni turistiche scrivere  municipio@comune.macerata.it o contattare il numero 0733-2561

 

TREIA

In occasione della permanenza a Macerata nell’aprile 1739, Marcucci tentò di far visita alla signora Giovanna Battista Mitarelli (1671-1752) che abitava a Montecchio, oggi Treia, ma non gli fu possibile vederla. La considerava “prima mia sorella spirituale, Madrona di gran discernimento e di gran credito in bontà e saviezza”; con essa intratteneva da alcuni mesi una corrispondenza epistolare, da cui traeva consigli, incoraggiamenti e preghiere, specialmente a riguardo della fondazione delle Pie Operaie. Della corrispondenza durata circa due anni e mezzo non è rimasta traccia. Nel sotterraneo della Cattedrale di Treia, si trova la lapide tombale della famiglia Mitarelli.

La città, a 342 metri sul mare, ha il suo centro storico molto ben conservato; ha una struttura allungata che si sviluppa su una cresta di banchi di arenaria lungo la quale corre un asse stradale principale, dalla quale si diramano verso il basso vie strette e brevi.

Fondata nel medioevo, era chiamata Montecchio. Nel 1790 fu ripristinato il nome di Treia, derivato dall’antico Trea, nome di un centro romano, distrutto in epoca barbarica, che era situato più in basso rispetto all’insediamento attuale, nei pressi della chiesa del Santissimo Crocifisso.

Ininterrottamente dal 1979 si celebra nel centro storico di Treia la “Disfida del Bracciale”, rievocazione storica che coinvolge tutto il centro e le attività cittadine. La manifestazione si richiama al gioco del pallone col bracciale nato in epoca rinascimentale e un tempo riservato ai giovani delle famiglie nobili. L’area di gioco attuale si trova proprio lungo il tratto di mura sotto la piazza principale.

Per informazioni turistiche scrivere  info@comune.treia.mc.it o contattare il numero 0733 218 705

 

LORETO

È il santuario mariano per eccellenza conservando al suo interno la Santa Casa di Nazareth, coperta da una cupola realizzata nel sec. XV ed affrescata dal Pomarancio nel sec. XVII.    Mons. Marcucci si recò varie volte a Loreto: la prima nel settembre 1735, “a piedi con abito di pellegrino insieme con due compagni”, per affidare alla Vergine Santa il desiderio di diventare sacerdote; la seconda il 19 giugno 1770 durante il viaggio per Roma, prima di essere consacrato Vescovo; infine l’8 giugno 1782, di ritorno da Vienna con papa Pio VI.

Posta su un colle a 127 metri di altezza, con circa 12.000 abitanti, Loreto è a due passi da un mare che è un incanto e in una regione dove ogni contrada, anche la piu’ piccola, conserva tesori d’arte e memorie storiche come in pochissimi altri angoli del mondo.

La storia di Loreto di intreccia lungo i secoli con le vicende del suo santuario.
Siamo quindi in grado di fissare una data precisa: 1294 e, se si vuol seguire la tradizione, possiamo anche stabilirne il giorno: la notte tra il 9 e il 10 dicembre, quando su quel colle, dove non esisteva abitazione alcuna e solo vi passava una strada che collegava Recanati al suo porto, successe qualcosa che è diventato leggenda.

Nel 1291, quando i musulmani cacciano definitivamente i crociati dalla Palestina e da parte dei cristiani c’è tutto un corri corri per salvare il salvabile tra i ricordi che si ricollegano alla vita di Cristo, di Maria e degli apostoli, si cercò di salvare anche la casa di Nazaret, dove Maria visse e ricevette l’annuncio dell’angelo.

Una tradizione dice che la casa di Maria fu trasportata dagli Angeli nell’antica Illiria, a Tersatto nei pressi di Fiume (ora Rijeka) e poi a Loreto, prima nella piana tra il colle e il mare, nella località detta Banderuola, e poi dove si trova tuttora.

Studi recenti invece, col sigillo de la scientificità, ci dicono che gli angeli, sì, c’entrano, ma si tratterebbe di altri Angeli, come risulta da un atto notarile, il Chartularium Culianense, che riporta l’elenco dei doni di nozze che Filippo, principe di Taranto e figlio di Carlo d’Angió, re di Napoli, ebbe in dono, in occasione delle nozze con Ithamar (Margherita), dal genitore di lei, Niceforo Angeli, despota dell’Epiro e discendente dagli imperatori di Costantinopoli.

Quest’ atto notarile, al paragrafo secondo, cita come dono anche “le sante pietre portate via dalla Casa di Nostra Signora, Vergine Madre di Dio”.

Inoltre, gli studiosi rilevano che anche la cronologia può essere une conferma: il matrimonio tra Filippo e Margherita si celebró nel settembre-ottobre 1294 e la tradizione indica il 10 dicembre dello stesso anno come data di arrivo della Santa Casa a Loreto.

Che poi gli “Angeli”, cognome di famiglia, siano diventati nella tradizione popolare gli alati messaggeri del cielo puó far sorridere, ma risponde alla profonda convinzione di ieri e di oggi che le “sante pietre” sono arrivate a Loreto non solo per un insieme di coincidenze umane

Per informazioni turistiche scrivere comune.loreto@emarche.it o contattare il numero 071750561

 

SIROLO – NUMANA

Sirolo fu una delle tappe del pellegrinaggio a piedi che il giovane Francesco Antonio intraprese nel settembre 1735, dove si recò per venerare il S. Crocifisso, opera lignea policroma del sec. XIII-XIV. Oggi esso si trova nel Santuario del Crocifisso nella vicina Numana. Da Sirolo, Marcucci si recò al “Monte di Ancona”, cioè il Conero, dove raggiunse i “devotissimi padri Camaldolesi con gran contento del suo spirito” presso la Badia di S. Pietro e, da qui, proseguì il viaggio per Ancona, Osimo, Recanati, e – come scrisse nella Istoria delle sante missioni – “da mano in mano in altri luoghi, viaggiando per dodici giorni quasi continui”.

Splendido borgo medievale adagiato fra il verde del monte e il blu del mare, Sirolo è considerato “la perla dell’Adriatico”: un prezioso scrigno d’arte incastonato in un paesaggio mozzafiato.

Lo scenario è quello della Riviera del Conero, ai piedi di un monte che s’innalza improvviso a picco sul mare, con spiagge di ciottoli bianchi e un mare azzurrissimo.

Numana, incastonata tra il verde del parco e il blu della riviera del conero, è considerata la Signora del Conero, incastonata fra il verde del Parco, è una delle località più affascinanti della Riviera. Spiagge di ghiaia fine che si alternano fra calette di rara bellezza, oasi di tranquillità e un litorale, quello di Marcelli.

Per informazioni turistiche scrivere  comune.sirolo@pec.it o contattare il numero 071.933.05.72 – 071.933.05.91;  comune.numana@emarche.it  071 933981

 

La vita del

Venerabile Francesco Antonio Marcucci

 per i ragazzi

 

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