Trauma: rinforzare la resilienza e favorire il recupero
RINFORZARE LA RESILIENZA E FAVORIRE IL RECUPERO
Il Prof. Roger Solomon ha effettuato, in giorno 6/4/2020, un webinar in collaborazione con l’IPA (Istituto di Psicologia Applicata) avente come argomento il rinforzo della resilienza e delle capacità di recupero in situazioni traumatiche. Si è avvalso di esempi riferiti alla sua personale esperienza clinica professionale ( attentato dell’11/9, uragano Katrina, poliziotti che hanno affrontato sparatorie).
S. identifica il momento attuale di emergenza globale, dettata dal CoronaVirus, come possibile fonte di stress e trauma, in cui molte persone stanno sperimentando una perdita, un lutto, dovuto a molteplici fattori: la separazione da famiglia e amici, lo stravolgimento della routine quotidiana e sociale, la perdita della libertà personale, della sicurezza e del controllo (il mondo non è più prevedibile), e in alcuni casi la scomparsa di persone care.
Nella prima parte del suo intervento, teorica, S. individua la RESILIENZA (nei materiali la capacità di flettersi sotto pressione, recuperando la forma originaria senza frammentarsi) come la capacità di affrontare, gestire e reagire a situazioni traumatiche con elasticità: essa si sviluppa mantenendo un alto livello di emotività positiva e benessere di fronte ad avversità significative, reagendo a situazioni stressanti con forza mentale ed emotiva. Secondo lui gli individui resilienti sperimentano meno emozioni negative, traendone comunque vantaggio. Ne consegue che la ricerca di significati genera una risposta di apprendimento.
Le capacità di coping ed il senso di benessere di una persona sono collegate al suo senso di coerenza, intesa come comprensione dell’evento, della sua gestibilità in termini di strategie costruttive e del significato positivo che l’impatto dell’evento può generare nella propria vita.
S. approfondisce le sequenze dinamiche della PAURA: Il segnale di pericolo è l’input esterno che indica il peggioramento della situazione, la persona ha coscienza della propria vulnerabilità e debolezza, rischiando il panico e il blocco. Nel momento in cui realizza che deve fare qualcosa agisce per sopravvivere o prendere il controllo della situazione, passando dal focus interno sulla vulnerabilità al focus esterno sul pericolo. Questo può determinare un controllo, e quindi la sopravvivenza, in termini di capacità di risposta. Consapevole o istintivo serve un piano, la persona inizia a reagire (l’addestramento ad esempio genera una risposta automatica) e si sente più in equilibrio ed in controllo. Appena lo realizza si mobilita una forza pazzesca, c’è concentrazione, lucidità e controllo. La risposta alimentata dalla risorsa di sopravvivenza permette di affrontare la situazione.
Focalizzandosi solo sul pericolo ci si sente deboli, vulnerabili e senza controllo, concentrandosi invece sulla capacità di rispondere alla situazione c’è più equilibrio e controllo.
Finito l’evento critico bisogna focalizzarsi anche sulla risposta alla situazione e sull’impatto positivo che genera. Consapevolezza: cosa fare di positivo data la situazione? Si può così favorire la crescita personale, rafforzare la gestione delle avversità, ridefinire priorità e valori, aumentare il senso di competenza e resilienza.
S. descrive l’hardiness come l’insieme di atteggiamenti resilienti quali: impegno, in cui la persona dandosi valore può per fronteggiare il problema; controllo, come capacità di influenzare l’esito della situazione problematica, sia positivamente che negativamente; sfida, un’occasione di apprendimento e crescita.
S. nella seconda parte del suo intervento, più clinica, si sofferma sui comportamenti che permettono alle persone di recuperare un senso di CONTROLLO: molti si sentono attualmente impotenti (vulnerabilità, trauma), si può quindi agire sugli unici aspetti che si possono controllare creando una nuova routine che aumenti la percezione nella persona della propria forza (ad esempio sveglia, esercizi, doccia, colazione, letture, attività piacevoli). È fondamentale inoltre mantenere un contatto sociale (virtuale) con persone significative, condividendo momenti e gesti.
S. inoltre sottolinea come la situazione attuale potrebbe slatentizzare ricordi traumatici, creando una sorta di elastico con precedenti eventi: è quindi importante aiutare i pazienti ad identificare i ricordi di impotenza e paura legati all’evento passato.
“Un giorno alla volta” è la tecnica che S. propone per aiutare le persone ad affrontare il momento. Si possono fare programmi per domani ma è importante concentrarsi su come passare la giornata di oggi (con routine e connessioni sociali). L’uomo è programmato biologicamente a cercare conforto sociale quando è sotto stress, la condivisione di timori e sentimenti è rassicurante.
Riferendosi ai pazienti depressi che faticano in questo S. suggerisce di proporgli anche solo per 5 minuti qualcosa che si sente di fare o gli piace fare, chiedendo poi cosa sente e che effetto che gli fa, decidendo se continuare o fermarsi. Può scegliere quindi poi se ripeterlo o meno.
Un esempio pratico che S. suggerisce di proporre ai pazienti: qual è la parte peggiore in questo momento? cosa fare per rendere peggiore la situazione? Si invita quindi il paziente a pensare invece a cosa fare per migliorare la sua condizione.
A cura di Daniele Raspanti