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Riflessioni sui tempi attuali e attese della famiglia umana

“   L’anima mia ha sete del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio? ”                                                                                                                                                                                                                         (Salmo 41)

“ E quando i Miei servi ti chiedono di Me,

ebbene (devi dire loro che) in verità, Io sono vicino!

Esaudisco la preghiera di chi supplica, quando Mi invoca.

Che accettino quindi il Mio invito e credano in Me!

                       Forse così seguiranno la retta vita.”                                                                                                                                                                                                                                  (Sura al-Baqarah, ver. 186)

 

Dalla scoperta dei primi focolai d’infezione da covid-19 in Italia, e la messa in quarantena di 11 Comuni nel settentrione della Penisola, dal 23 febbraio il Consiglio dei Ministri con il decreto-legge n. 6 sancisce la sospensione delle manifestazioni ed eventi pubblici di ogni genere, e dall’8 marzo sono sospese con il decreto Io resto a casa le funzioni religiose pubbliche in tutto il territorio nazionale, considerate alla stregua di attività non necessarie che subiscono le misure stringenti di tale norma. Quindi le esigenze di ogni sensibilità religiosa ad esprimere la propria fede pubblica sono chiamate ad assumersi la responsabilità di tutelare la salute di tutti i fedeli.

Ormai noi tutti siamo ben informati sulla situazione attuale e sull’andamento della pandemia con i suoi numeri che delineano il peggioramento o il miglioramento di questa situazione, che ci vede tutti protagonisti più o meno consapevoli di questo drammatico periodo della storia umana.

Il mondo è cambiato! È venuto meno il sistema pensato per un ordine nuovo dell’umanità; sono crollate tutte quelle strutture che con pretesa arrogante abbiamo edificato in questi ultimi cinquantanni della nostra storia; eravamo certi che nessuna cosa al mondo potesse ostacolare o distruggere le sicurezze che ci siamo dati con il cammino velocizzato del progresso e della tecnologia, considerando fondamentale l’aspetto materiale delle nostre esigenze.  Una tecnologia meravigliosa che ha risolto certo tante criticità dell’uomo contemporaneo, ma allo stesso tempo ci ha resi schiavi del suo sistema binario e ci siamo resi conto, in ritardo, anche che è diventata asfissiante, poiché ha riempito smisuratamente ogni aspetto della vita umana.

Il sentimento religioso, in tutta questa concezione tecnologica e materiale, è stato messo da parte, o considerato solamente dagli animi più sensibili che non si sono mai scordati della presenza del Divino nella vita dell’umanità.

La Religione è stata relegata a quegli aspetti più personali, forse anche fin troppi intimistici, e sempre meno pubblici della vita di ogni persona. Siamo troppo presi dall’ansia di adattarci alla modernità, e allora abbiamo fondato la sicurezza di tutto sulla tecnologia sempre più avanzata e sofisticata, sull’aspetto finanziario diventato fondamentale per l’ormai trasformato homo oeconomicus, e il resto tutto concentrato sull’andamento finanziario-economico degli Stati, influenzandone le scelte politiche e ogni tipo di attività. Tutto costruito sull’altalena del valore della moneta, tanto veloce quanto inconsistente. L’uomo stesso ha subito l’essere ridotto al significato della sua possibilità produttiva, e vale a secondo di quello che riesce a fare. L’essere fa parte solamente dell’ambito filosofico, che poco tocca le menti e i cuori di chi è impegnato nella vita pratica e produttiva.

È bastato un invisibile virus a guastare tutto il sistema, a far crollare l’impianto gigantesco pensato per essere indistruttibile e inattaccabile. Sono venute meno le certezze, le programmazioni, la veloce corsa dello sviluppo, e la pandemia “straordinariamente” ha livellato le disparità sociali ed economiche degli Stati, equiparando ogni essere umano alla consapevolezza della propria caducità.

Quando crollano le sicurezze effimere, all’uomo non rimane altro, per potersi risollevare, che aggrapparsi alla sua capacità di elevare lo sguardo e considerare l’aspetto che lo eleva dalla sua condizione precaria: lo spirito! Ricorre a quel sentimento spesso nascosto in fondo ai nostri interessi quando si trova in tempi di grassa, e in tempi di magra corre ai ripari rifugiandosi in Dio, o comunque in tutto ciò che richiama il totalmente Altro. Nei tempi burrascosi della storia egli ricorda che la vita di ciascuno ha un valore incommensurabile, e sente il richiamo sempre antico e sempre nuovo di quel Dio che lo lega a Sé con il sentimento religioso, che si scopre del tutto essenziale quando invece il resto non lo è più!

Nella mia semplice esperienza di sacerdote, in questi tempi gravosi dell’emergenza sanitaria, ho potuto registrare un moltiplicarsi di richieste di aiuti e di preghiere. La cosa straordinaria che la maggioranza sono quelli che non hanno mai avuto un grande interesse per le cose dello spirito. Assetati del bisogno di Dio, ognuno sembra si accorga improvvisamente di non poterne fare a meno, di non poter più vivere senza. Sembra quasi una sfida aperta a noi, uomini di Dio, nella quale possiamo mettere in gioco la nostra credibilità e la nostra capacità di una fede autentica e piena di fiducia e di speranza! Il mondo intero ha esperimentato una varietà di sentimenti e sensazioni a volte contrastanti; si è passati in poco tempo dalla prima sensazione di un pericolo abbastanza distante geograficamente, al terrore di averlo sotto casa. Spavento, terrore all’intorno, angoscia, paura, ansia, ogni tanto qualche flebile speranza sui numeri altalenanti del contagio, quindi illusione e poi di nuovo paura; e ora rabbia, tanta rabbia!

In questo contesto surreale e straordinario, esplode il bisogno di Dio. Si! Il bisogno di Dio, non siamo più abituati e quasi ci imbarazziamo a dirlo. Questo bisogno è rimasto assopito nell’euforia dell’illusione di poter vivere finalmente indipendenti dall’aspetto trascendentale. Specialmente il mondo occidentale si è liberato della zavorra spirituale, considerata una sorta di impedimento per l’evolversi dell’uomo moderno-contemporaneo. Ed è proprio l’occidente che si scopre in tutta la sua fragilità e debolezza.

Però oggi ci è dato avere tanto tempo a nostra disposizione, tutto si è fermato, si è dato uno stop alla frenesia delle nostre attività; si spalanca quindi la possibilità per una necessaria riflessione sul valore e sul senso della vita, e sui valori che l’accompagnano e l’arricchiscono.    Anch’io ho avuto modo di sentire alcuni amici fraterni di diverse confessioni religiose, ero curioso di sapere le modalità di lettura di questo evento drammatico di pandemia da punti di vista differenti. Ho contattato fratelli cristiani ortodossi, fratelli musulmani ed ebrei, e tutti abbiano dedotto le stesse conclusioni: siamo chiamati a cercare e a dare risposte autentiche che provengono dalla fede in Dio. Di fronte al problema della pandemia sembra che vengono meno tutti gli ostacoli, le difficoltà che in altri tempi sembrano insormontabili; la difficoltà di apparente diversità tra noi che ci consideriamo amici, ma poi tutto sommato ci sentiamo comunque diversi e un po’ distanti. E invece no! Le esigenze di ognuno sono uguali, la richiesta impellente di salvezza, di liberazione, di protezione, di esaudimento dei desideri di ognuno, che rivolgiamo a Colui che trascende, supera e risolve i nostri limiti, le nostre divergenze e le nostre lontananze. Insomma, lo stesso Dio, per il quale nella storia ci siamo divisi, ora invece ci unisce tutti nel desiderio di Lui. Forse un po’ tutti abbiamo bisogno di umiltà e di serenità per ricevere la luce vera che illumina ogni uomo.

Nel tempo che dedico quotidianamente alla mia riflessione personale, mi è capitato in questi ultimi due mesi di segregazione in casa, di pensare allo sforzo di grandi uomini del nostro tempo che si impegnano in ogni circostanza a ricercare la solidarietà e la fratellanza tra gli uomini. Per esempio Papa Francesco, come anche importanti guide di altre confessioni religiose, ci richiamano con fatica ma anche con forza a costruire tra noi ponti per incontri solidali e fraterni, per una condivisione di gioie e speranze, per sentirci tutti insieme coinvolti in un amore che tutto riempie e tutto abbraccia, per avere relazioni fraterne, rispettose e pacifiche. Non ci sarà nessun avvenire, nessun futuro per l’intera umanità se le religioni non saranno capaci di costruire ponti tra i popoli e le culture. Ma quanti ostacoli da quelle frange di persone che credono ancora che la differenza, la diversità sia un motivo plausibile per fomentare divisioni, guerre e difese inutili. Il coronavirus è forse riuscito a indebolire questi sentimenti ostili, dato che la paura e lo sconforto hanno occupato il posto di quello spreco di forze usate per contrastare le diversità; lo sconcerto, l’insicurezza e la consapevolezza della nostra incapacità davanti a questo dramma ha sostituito la voglia di creare barriere, e ci siamo ritrovati tutti sulla stessa barca in mezzo alla tempesta. Dovevamo aspettare questo virus terribile per rientrare in noi stessi?

Rifletto quindi con gioiosa speranza agli incontri ecumenici tra cristiani, anche se sono spesso ostacolati e giudicati male dai soliti estremisti che davanti alla croce professano la divisione e l’odio.

Rifletto su quell’illuminante Summit interreligioso ad Abu Dhabi dove Papa Francesco e l’Imam Al-Azhar per fronteggiare l’inutile e dannoso estremismo e odio, hanno firmato il documento sulla fratellanza umana. Due responsabili di due diverse sensibilità religiose che hanno assunto la responsabilità di tutti, con l’impegno di promuovere tra noi un dialogo fraterno e umano, una pacifica convivenza in un pluralismo meraviglioso di confessioni religiose, che come la luminosità di un unico arcobaleno con i suoi diversi colori, emana da questi lo stesso splendore.

L’Imam e il Papa hanno sottolineato e promosso l’impegno per la fondamentale libertà di professare ognuno il proprio credo, come esigenza intrinseca per la realizzazione della persona umana, affinché la religione non corra il rischio di una strumentalizzazione per causare violenza e terrorismo, allontanandosi così dal suo significato fondamentale. Religione significa infatti il legame profondo dell’uomo con il Divino, con l’Eterno, con il Sommo Bene. Da diverse strade l’uomo si avvicina a Dio fino ad incontrare la grande autostrada che porta direttamente a Lui, come diversi fratelli appartenenti all’unica famiglia umana; come le differenti dita appartenenti all’unica mano che tesa, esige una carezza e un abbraccio di Dio.

Quando la smetteremo di offuscare tutto questo splendore?

Quand’è che comprenderemo che la differenza dei culti, di espressioni di fede, di luoghi di preghiera, altro non sono che una bellissima sinfonia a diverse voci che cantano l’unico inno di lode all’Unico Creatore e Padre di tutti gli uomini?

Quand’è che capiremo finalmente che la convivenza fraterna e pacifica in una società mondiale multietnica, il diritto di culto per le varie professioni religiose, non sono e non devono diventare un motivo di disaccordo o di separazione? Anzi! Devono diventare un motivo per armonizzare in una meravigliosa polifonia, la comune capacità di ogni uomo di aspirare al Bene, all’Eterno e al Giusto! A Dio!

Chi confonde tutto questo con un’affermazione di sincretismo, credo che poco abbia compreso a quella dolce speranza, a quale stupenda vocazione Dio nel Suo creato ha pensato a ciascuno di noi!

L’emergenza sanitaria del coronavirus finirà! Speriamo molto presto! Come ogni pericolo, esaurirà la sua forza dirompente, che ci costringe ad una riflessione più autentica sul senso della vita. Spetterà alla sensibilità di ciascuno, specialmente a coloro che si definiscono uomini di Dio, uomini religiosi, riaffermare con vigore il fatto che le diverse sensibilità religiose sono tutte chiamate in causa, con coraggio e audacia, per sostenere la famiglia umana ad esprimere sempre più la capacità di riconciliazione, di dialogo fraterno, per trovare insieme itinerari più idonei a costruire la pace vera, che diventa accoglienza armoniosa della proposta di salvezza e di eternità, che Dio vuole per ogni persona umana, di ogni tempo, di ogni lingua e di ogni luogo.

Guai a noi se perderemo l’appuntamento con la storia, che ora ci stimola per un impegno maggiore di condivisione e di amore solidale e fraterno!

Don Cristoforo Simula

 

 

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