
Il contratto Rent to buy
Il contratto Rent to buy rappresenta una strategia commerciale innovativa pensata per rilanciare il mercato immobiliare italiano, che maggiormente ha risentito degli effetti dell’attuale crisi economica.
Il Rent to buy, che trae origine dall’esperienza anglosassone, ha l’obiettivo di creare un “programma preparatorio all’acquisto”, finalizzato ad offrire all’acquirente il tempo necessario per allinearsi ai nuovi parametri previsti per la concessione del credito essendo ormai tramontata l’era dei mutui al 100% del valore dell’immobile, con un conseguente drastico aumento della soglia di liquidità necessaria per l’acquisto di una casa. Tale tipologia contrattuale trova una propria regolamentazione normativa nell’art. 23 del D.L. n. 133 del 2014 (c.d. Decreto sblocca Italia), rubricato “Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione”, che la definisce come “il contratto, diverso dalla locazione finanziaria, che prevede l’immediata concessione del godimento di un immobile con diritto per il conduttore di acquistarlo entro il termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto”.
Si tratta, pertanto, di una disciplina di natura complessa in quanto il contratto di concessione in godimento (locazione) è in realtà finalizzato alla compravendita dell’immobile. Infatti, le parti contestualmente alla sottoscrizione del contratto stabiliscono il termine entro il quale dovrà essere esercitato il diritto di acquisto dell’immobile, nonché il prezzo della futura compravendita, da intendersi non modificabile. Anche la durata di questa “fase preparatoria all’acquisto” è rimessa alla libera autonomia dei contraenti.
Tuttavia, essendo il Rent to buy trascrivibile ai sensi dell’art. 23 del Decreto sblocca Italia, il quale rinvia espressamente all’art. 2645 bis c.c., sia il venditore che il conduttore saranno tutelati da eventuali trascrizioni o iscrizioni successive effettuate da terzi sul medesimo immobile, solamente per un periodo non superiore a dieci anni. Quanto al corrispettivo del godimento, da una interpretazione della disposizione normativa citata, è risultato che nella prassi contrattuale, argomentando ex art. 23 comma 1 bis del Decreto, soltanto una parte del canone di godimento venga considerata quale acconto della futura vendita, mentre la restante parte venga considerata a fondo perduto. Tanto ciò è vero che “le parti definiscono, in sede contrattuale, la quota di canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito”. Sempre nella prassi contrattuale, molto spesso all’atto della sottoscrizione del contratto, il concessionario/conduttore è tenuto a versare un acconto iniziale pari al 6% del corrispettivo pattuito.
Tale acconto iniziale verrà successivamente sommato alla quota dei canoni mensilmente accantonata in acconto prezzo. Più precisamente, all’atto del rogito, il concessionario/conduttore avrà diritto di imputare al prezzo di vendita, concordato all’epoca della sottoscrizione del contratto, l’acconto iniziale e la parte dei canoni già corrisposti, dovendo saldare, anche attraverso l’accensione di un mutuo liberamente scelto, soltanto il prezzo residuo.
Posticipando così il momento della stipula del contratto definitivo di compravendita, il conduttore avrà la possibilità di entrare immediatamente nel possesso dell’immobile da lui prescelto, pur essendo impossibilito ad acquistarlo sin da subito. Inoltre, grazie all’accantonamento di una percentuale dei canoni mensilmente corrisposti, il conduttore, rientrando nei nuovi parametri massimi stabiliti dalla legge, potrà agevolmente ottenere l’erogazione di un mutuo a condizioni più vantaggiose. Contestualmente, il concedente/locatore, sin dall’atto della stipulazione del contratto Rent to buy, eviterebbe i costi di gestione dell’immobile, assicurandosi al contempo la futura alienazione dello stesso, il corrispettivo dell’alienazione, nonché il corrispettivo mensile della parte di canone non imputata in conto prezzo. Al fine di tutelare entrambi i contraenti, l’art. 23 del Decreto disciplina anche le ipotesi di risoluzione del contratto stabilendo che, il contratto si risolve nel caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero di canoni determinato dalle parti, non inferiore comunque ad un ventesimo del loro numero complessivo. Inoltre, in caso di risoluzione per inadempimento del concedente, questi dovrà restituire al conduttore la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali, mentre, in caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente avrà diritto alla restituzione dell’immobile e acquisirà interamente i canoni a titolo di indennità, sempre che non sia stato diversamente stabilito.
Interessante è l’ampio spazio riconosciuto all’autonomia contrattuale privata. Infatti, in ossequio al principio inglese del “win to win”, in base al quale il vero affare è quello che si ottiene con la soddisfazione reciproca dei contraenti, è consentito alle parti modulare il contratto in base alle loro specifiche esigenze. In conclusione, nonostante l’indubbia portata innovativa della disciplina del Rent to buy, è innegabile la necessità di ulteriori approfondimenti nonché interventi correttivi e chiarificatori, affinché tale formula contrattuale possa dare un concreto impulso al rilancio e alla crescita economica del nostro paese.