Basterebbe una giusta informazione
Ci manca il suono della sveglia, della corsa nell’autobus affollato la mattina, la fila alla cassa del supermercato anziché sul marciapiede davanti all’entrata, gli affollamenti al bar, le code al ristorante.
Stiamo vivendo un periodo molto particolare.
Il COVID-19 si è insinuato non solo nei nostri corpi, ma nella struttura di una società già di per sé debole per attaccarne i principi morali, filosofici, economici, finanziari.
Tutto è cambiato, ed è evidente, nel nostro stile di vita, nel disegno delle nostre relazioni, nel ripensamento dei valori, nelle abitudini di vita a seguito delle ben note restrizioni necessarie per la nostra salute.
E tutto questo provoca un cambiamento anche nei nostri equilibri psichici che necessariamente cercano di adattarsi alla nuova situazione degenerando, spesso, in situazioni di stress.
Aumenta il senso di incertezza perché sembrano venute meno importanti garanzie riguardo il lavoro, il futuro dei figli, la sicurezza nella vecchiaia.
E’ stato scritto molto sull’argomento, ma alcune riflessioni, alcuni pensieri, mi fa piacere puntualizzarli ancora, per cercare di capire, prima di tutto, e per prepararci, soprattutto, alla fase della normalità (dando alla normalità un’accezione assolutamente culturale, in quanto è la cultura che definisce i confini entro i quali è “normale” muoversi), quella fase che secondo alcuni dovrà ridefinirsi e, naturalmente, in peggio: “niente sarà più come prima” vuole esprimere un giudizio negativo, indubbiamente, almeno per molti, senza tener conto del fatto che il cambiamento è nella particolarità delle nostre vite e che la nostra salute psico-fisica deriva anche da questo.
Ben venga il cambiamento, quindi, se questo riesce a migliorare la qualità della nostra vita, sottolineando l’importanza di una ridefinizione della cultura dello stare bene al di là del momento emergenziale.
Ma dobbiamo partire dall’oggi, ed oggi, nell’emergenza uno delle esigenze fondamentali è l’informazione, perché l’essere a conoscenza” di quanto è accaduto e di ciò che si deve fare, serve a ridurre Io stato di ansia che sempre prende le “vittime”; informare ed ancor più essere informati significa “razionalizzare” il problema e, quindi, divenire via via coscienti che il problema esiste.
L’informazione, invece, anziché cercare argomenti che ci permettano di capire, in modo semplice ed univoco, cosa sta succedendo, usa linguaggi apocalittici e sensazionalisti, ma assolutamente ansiogeni: “siamo in guerra”, gli ospedali sono “trincee” che si oppongono al virus e per questo contano i propri caduti….dimenticando invece il problema sociale che è – anche – dietro la diffusione del Covid 19. Il tempo, e le inchieste, ce lo stanno facendo capire, ma faticosamente, per via di linguaggi che anziché aiutare l’informazione corretta ci conducono nel campo dell’obbedienza e dell’incapacità critica e di intervento nei confronti di una situazione di emergenza – la guerra- che può indurre sacrifici indiscutibili.
Daniele Cassandro, giornalista di Internazionale, esprime molto bene questo concetto in un suo articolo del 22.3.2020 nel quale riporta anche un articolo del Guardian, uscito prima dell’emergenza da Coronavirus, che denunciava come “le metafore della guerra applicate al cancro abbiano un effetto inibitorio nei pazienti che si sentono da subito sconfitti, condannati a morte fin dalla prima diagnosi”.
La comunicazione è strategica, invece, per la messa in atto di comportamenti adattivi che consentono di vivere, meglio, nell’emergenza.
La tempestività è essenziale perché in mancanza di risposte ufficiali le speculazioni si insinuano nel nostro bagaglio culturale prendendo rapidamente il sopravvento e complicando ancora di più il fenomeno informativo. Lo sforzo comunicativo dovrà dirigersi anche a contrastare le informazioni errate, le fake news.
In più, quando le informazioni diventano troppe e, abbiamo detto, contraddittore sottopongono l’individuo ad una ingiunzione che vieta alla vittima di sfuggire alla situazione: la necessità di imparare a governare i processi informativi diventa anch’essa fonte di stress.
Secondo quanto raccomandato dal Ministero dell’Interno nel Corso di formazione dirigenziale per l’accesso alla qualifica di Viceprefetto Anno 2017, nei periodi emergenziali una buona informazione deve essere “trasparente, tempestiva, chiara, ed omogenea secondo le evidenze disponibili al momento (comunicazione in itinere)”.
Sarebbe facile almeno evitare le menzogne e le contraddizioni che invece la nostra classe politica assolutamente inadeguata quotidianamente ci propina alimentando le nostre insicurezze ed alimentando quel sentimento di insicurezza globale che chiamiamo angoscia,
Vissuto come attesa dolorosa ed impotente di fronte a un pericolo, tanto più temibile quanto meno identificato l’angoscia entra nelle nostre vite.
Le situazioni che provocano angoscia sono quelle in cui il pericolo o la morte sono viste come qualcosa di sfuggente che può colpire da un momento all’altro non solo se stessi ma anche i propri cari senza la possibilità di visualizzare o percepire la portata della minaccia, proprio come quello che stiamo vivendo.
La pressione psichica e la fatica ad abituarsi al cambiamento (pensiamo alle misure restrittive, evidentemente, ed in maniera specifica alla mancanza di rapporti sociali ed alla convivenza forzata) facilmente possono inoltre provocare l’isolamento depressivo, con conseguente accumulo di tensione che può sfociare sia nell’insorgenza di malattie psicosomatiche sia in possibili esplosioni di violenza. Le pratiche religiose e l’individuazione della “fonte del male”, in passato, riuscivano ad incanalare queste tensioni. Oggi, le caratteristiche dell’epidemia non consentono l’avvenimento religioso collettivo e rituale ed ancora, per fortuna dico io, non sono stati individuati “monatti “capri espiatori.
Da un punto di vista micro-sociologico, la conseguenza della mancanza di rapporti sociali andrà ad ostacolare il raggiungimento di quelli che Galimberti definisce i “fini” delle dinamiche di gruppo, e cioè: a) il raggiungimento di un livello di sicurezza garantito dall’appartenenza al gruppo che consente, con la sua protezione, di rischiare senza troppa ansia anche in terreni mai esperiti; b) il controllo della dinamica della colpa perché il super -io paterno si trasforma in super-io di gruppo più facile da controllare; c) l’accelerazione dei processi di apprendimento perché il gruppo serve da feedback continuo mediante il paragone con gli altri, e quindi come mezzo per conoscere continuamente i risultati raggiunti; d) l’aumento dell’efficienza e della funzionalità delle difese perché, seguendo la legge del successo all’interno del gruppo, verranno ad essere potenziati quei meccanismi che hanno determinato un effetto positivo, e verranno abbandonati quelli che, al contrario avevano fallito in loro scopo; e) l’influenza sul ritmo di sviluppo intellettuale per il rapporto che esiste tra processi intellettivi e linguaggio, e tra il linguaggio e la comunicazione che nel gruppo è potenziata; f) la maturazione affettiva facilitata nel gruppo rispetto alla condizione isolata e, controllata nelle manifestazioni delle pulsioni che l’individuo può anche non saper regolare da solo” (1992).
La famiglia come gruppo sociale primario è in grado di sopperire, se in condizione di mantenere una rete comunicativa efficace e limitatamente nel tempo, alle limitazioni su espresse, ed uno studio condotto dalla piattaforma web ByParent.com conferma come “,,nonostante la sempre maggiore diffusione delle famiglie monoparentali, il genitore single ha ancora oggi maggiori difficoltà a conservare i rapporti sociali preesistenti o ad instaurarne dei nuovi e viene sovente escluso ed emarginato. Per questo ha un minore livello di resilienza difronte ad un evento quale può essere il lockdown voluto dal governo ….. lo stress da Coronavirus è in aumento e riguarda ormai il 68% degli italiani. Ma ad esserne maggiormente colpiti ….. sono proprio i genitori single: l’80% delle donne ed il 92% degli uomini. …”
Lo stress, quindi, come conseguenza diffusa delle nuove pressioni a cui oggi siamo soggetti e delle risposte emozionali, cognitive, comportamentali e fisiologiche a cui conseguono adattamenti psicologici e fisiologici, una transazione tra ambiente e persona in cui naturalmente la persona è agente con tutte le sue caratteristiche psico-fisiche.
Ha poco senso, se non per scopo didattico, considerare le richieste poste alla persona dal suo mondo senza tenere conto di come la persona stessa percepisce e valuta queste richieste., di come le risposte con cui la persona fa fronte alle richieste (coping) non possano essere separate dalle conseguenze che esse producono sulla sua salute. Queste stesse conseguenze possono a loro volta divenire parte delle richieste cui la persona è soggetta.
Una spirale di causa-effetti che si riverbera anche negli esiti che lo stress riverbera sulla salute di ciascuno di noi.
Cosi, ad esempio, studi basati su prove di stimolazione di risposta immunologica ai virus (Cohen et al., 1995), hanno ribadito l’esistenza del nesso fra stress e funzione immunitaria (gli eventi stressanti e lo stress percepito aumentano la suscettibilità all’infezione).
Considerare la propria vita stressante è sufficiente, quindi, ad indebolire le proprie difese immunitarie.
E questo non ci è per niente utile.
Federica Agovino